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Istituto Di Ricerca e Formazione – Giorgio Magnano MD – Vittorio Magnano DDS, MSc, BSc

Il senso occlusale positivo – Un caso di coscienza (seconda parte): dinamiche neuropsichiche

Corpuscolo di Pacini
Giorgio Magnano e Vittorio Magnano

La scuola fenomenologica fondata da Husserl verso la fine del XIX secolo e a cui si rifaranno concettualmente buona parte delle successive correnti psicodinamiche, affermava grosso modo che la coscienza umana si struttura oscillando fra due eventi : il corpo e il mondo. In condizioni normali la nostra intenzionalità e quindi attenzione è rivolta verso il mondo (ricerca di cibo, di partner, accudimento della prole, cura dell’habitat e, successivamente, attività ludiche e ricreative varie). Del nostro corpo, in condizioni di salute, abbiamo una consapevolezza inconscia, si potrebbe dire scontata. Ossia la nostra coscienza attiva vive sul corpo e intorno al corpo con uno stato di quiescenza potremmo dire automatica, inconscia. La nostra intenzionalità conscia è rivolta verso il mondo, l’ambiente in cui il nostro corpo vive. A volte la via migliore per risolvere un problema  è porsi la domanda corretta. Che cosa è dunque la coscienza? La coscienza non è un oggetto. Non esiste nel nostro cervello un centro della coscienza perché essa è un processo e soltanto in tale prospettiva è  indagabile dalla scienza. Tuttavia la soggettività del processo non è indagabile, ma solo raccontabile. Questa è già una prima constatazione importante. Ogni evento cosciente possiede un unico “punto di vista” dai contenuti definiti e non condivisibile. Il senso occlusale positivo (SOP) è una percezione soggettiva, come lo  è il dolore. Curare una soggettività con un intervento oggettivo è solo una scommessa. Possiamo pulire e suturare una ferita con risultati evidenti, ma non possiamo curarne con la stessa sicurezza il dolore che ne consegue. Inoltre la coscienza non sempre corrisponde alla realtà. Il pensiero astratto, il linguaggio interiore  e l’immaginazione ci dimostrano che è possibile costruire una percezione  cosciente anche senza la presenza di stimoli esterni adeguati; i sogni ne sono la dimostrazione. Essi possiedono spesso le  caratteristiche comuni a tutte le manifestazioni fenomenologiche,  ossia privatezza, unità e coerenza. Ciò deriva da una caratteristica dei sistemi nervosi superiori, presente dai mammiferi e che assurge a prevalenza nell’uomo, ossia la capacità di produzione autonoma degli stimoli, la quale facoltà si fonda a sua volta su facoltà mnesiche. Gli esseri umani possiedono memoria e predittività che da sole sono capaci di produrre stimoli senza l’intervento di altri eventi adeguati provenienti dal mondo. Quale è il nesso fra queste considerazioni con il SOP?  Perché talvolta piccole variazione nella  qualità del contatto fra i denti possono innescare momenti ossessivi tanto ingombranti? In biologia la morfologia è quasi sempre la strada maestra per comprendere la funzione. Occorre allora proporre alcune considerazioni non proprio scontate su aspetti anatomici molto banali. Analizziamo la struttura del dente. Si tratta di un oggetto di matrice esodermica (smalto e dentina) che racchiude una polpa con fibre nervose nude. E’ quindi una struttura molto simile a quella  dei  recettori capsulati (Pacini, Meissner, Krause ecc), ossia una fibra amielinica  (nuda) ricoperta da un tessuto di altra origine a schermo del contatto diretto fra stimolo e fibra che scatenerebbe un potenziale ad elevata frequenza, quindi causale di dolore. Infatti qualsiasi stimolo anche lieve applicato alla polpa dentale genera dolore. Il dolore è quindi insito nel mezzo trasmissivo, non nella forza dello stimolo. Il dente, dal punto di vista strettamente strutturale, si può considerare un  recettore capsulato. Siamo quindi al cospetto di un recettore immerso in un contenitore (l’alveolo) ricchissimo di recettori (tutti quelli parodontali). Le fibre sensitive afferenti a partenza da questo insieme raggiungono attraverso il talamo e altre stazioni, la circonvoluzione parietale ascendente dove interessano una vastissima porzione della rappresentazione somatosensitiva. Quindi, riassumendo: un organo che è un recettore, immerso in un pozzo di recettori che  invia una grande quantità di stimoli sensoriali in un’area somato-sensitiva estremamente estesa. La sensibilità dentale raggiunge i 2 micron, molto inferiore alle cartine da articolazione più fini a disposizione del dentista che sono di 8 micron. Ed ecco anche il motivo per cui le riabilitazione su impianti raramente provocano SOP. Perché l’impianto è sensitivamente inerte. D’altronde anche elementi protesici su denti naturali,  eseguiti con correttezza occlusale, possono dare SOP. Talvolta è sufficiente una differente qualità di contatto dovuta a materiale artificiale (con speciale riguardo alla ceramica che è dura) per causare  il SOP.

Se l’esame morfologico lo spostiamo sul sistema nervoso  scaturiscono altre osservazioni interessanti. La parte posteriore del sistema talamo-corticale , la corteccia parietale, per esempio, è implicata essenzialmente nella percezione, in sintesi alla sensibilità, mentre la parte anteriore , la corteccia frontale, è deputata all’azione e alla pianificazione, in sintesi alla motilità. Entrambe le aree hanno estensione più o meno equivalente e i gruppi neuronali con sedi differenti, ma simili specificità, sono di prevalenza connessi fra loro. Si potrebbe quindi affermare che SOP e parafunzione occlusale (bruxismo e stringimento) sono in relazione reciproca dal punto di vista rispettivo della sensibilità e del movimento, un po’ come lo potrebbero essere emicrania ed epilessia.

E’ opportuno, a questo punto fare un breve accenno ai meccanismi di rinforzo. La loro attivazione determina il rilascio diffuso nelle aree interessate da una percezione o da un movimento più volte ripetuto, di neuromodulatori che influenzano l’attività e la plasticità neurali; fanno cioè variare la forza funzionale delle sinapsi producendo risposte adattative nei circuiti neurali. Questi rinforzi progressivi e cumulativi dei vari circuiti neurali indotti dalla funzione ripetuta, sono stati definiti da Edelman sistemi di valore. Definiamo valori  gli aspetti fenotipici di un organismo selezionati a livello di specie nel corso dell’evoluzione e a livello di individuo nel corso dello sviluppo, e che vincolano gli eventi selettivi somatici, come le variazioni sinaptiche che si verificano nello sviluppo del cervello e con l’esperienza, ossia il contatto col mondo. Quindi se il dente è un organo recettoriale, se sottoposto a stimoli fortemente mirati e ripetuti, condizionerà la selezione di sinapsi atte a rappresentare e all’occorrenza a rinforzare una percezione, la quale potrà diventare un valore dominante. Nel caso del SOP, i circuiti sottesi alla percezione dei propri denti si rinforzano a dismisura. Perché ciò avviene? Abbiamo visto che, in condizioni di normale salute, noi abbiamo del nostro corpo una consapevolezza di sfondo pressocchè inconscia. Ma quando un organo, per qualsiasi motivo traumatico o disfunzionale, diventa causa di dolore o sofferenza, esso esce dal corpo e diventa mondo, cioè si desoggettivizza, diventa oggetto e prende il posto di una parte di mondo, polarizzando la nostra intenzionalità e la nostra attenzione e innescando un meccanismo di rinforzo che finisce per discriminare un oggetto o un evento da uno sfondo.  Dal punto di vista psicologico possiamo definire questo sfondo come Proto Sè. Esso rappresenta lo stato del corpo e le sue  relazioni con l’ambiente interno ed esterno sulla base di componenti propriocettive, cinestesiche, somatosensoriali e del sistema nervoso autonomo. A partire da essi verranno elaborati i ricordi successivi basati su segnali dal mondo (non sé).  Nel SOP il valore circuitale sinaptico dell’oggetto (nel nostro caso il contatto dei denti) acquisisce complessità e conquista la forza sufficiente per uscire dal  proto sé e accedere al nucleo dinamico della coscienza. Alcune funzioni del nostro corpo hanno un valore di complessità neurale talmente bassa da non acquisire mai forza per uscire dallo sfondo; per esempio la pressione sanguigna, perché non può in sé generare uno spazio neurale integrato di dimensioni e complessità sufficienti; in sostanza si tratta di un semplice arco riflesso. Altre , come il SOP possono invece farlo, perché sono già di base molto più complessi dell’arco riflesso.