Il senso occlusale positivo – un caso di coscienza (quarta parte): prevenzione
Non è facile definire un protocollo di prevenzione per il SOP, perchè la sua insorgenza non dipende da errori tecnici esecutivi o dalla qualità del manufatto protesico, né dalla sua estensione. Può insorgere per una riabilitazione completa come per la protesizzazione di un solo elemento. E’ chiaro che la corretta occlusione dei denti e l’assoluta stabilità occlusale va rispettata e perseguita, ma questo vale in assoluto, indipendentemente dall’evento SOP. Senza accampare la pretesa di prevedere o intercettare in anticipo l’eventuale insorgenza di SOP, che è imprevedibile, si possono tuttavia adottare alcuni accorgimenti sia comunicativi che tecnici per tutelare operatore e paziente. Già in sede di prime visite, dall’accoglienza, alla compilazione del piano di trattamento e programmazione dell’intervento, è indispensabile osservare il paziente e fare un’accurata anamnesi. Innanzitutto l’anamnesi odontoiatrica. Indagare sulle pregresse esperienze e sugli atteggiamenti verso i dentisti che ci hanno preceduti. Atteggiamenti eccessivamente critici o ostili, per non parlare di procedimenti assicurativi o legali, potranno suggerire cautela. Evitare sempre qualsiasi commento negativo su lavori pregressi. Non risparmiare invece quelli positivi, se meritati. Si passa poi all’anamnesi personale. Indagare sulle abitudini di vita (situazione famigliare, lavorativa ecc.). Chiedere se ha un buon sonno, se soffre di cefalee, se ha una buona digestione, se assume farmaci di qualsiasi tipo, facendo particolare attenzione a ogni psico o neurofarmaco ( ipnoinducenti, ansiolitici, antidepressivi, neurolettici, antiepilettici ecc.). Se il paziente è donna chiedere se le mestruazioni sono o erano dolorose. Se soffre di allergie o disturbi della pelle. Se fuma o ha fumato. Se ha abitudine ad assumere alcolici e in quali modalità. Osservare poi alcuni particolari che possono indiziare una personalità tendenzialmente ansiosa o ossessiva, come, per esempio, un’eccessiva logorrea o, d’altro canto, la presenza di onicofagia, e naturalmente chiedere se ha consapevolezza di stringere o digrignare i denti. All’esame della bocca osservarne ovviamente l’igiene e l’usura delle superfici occlusali e notare se è presente splinting ( ossia la tendenza a chiudere lentamente e inconsapevolmente la bocca, segno di uno stato di disagio del sistema muscolare). Gli operatori più tecnici potranno avvalesi dell’ausilio di uno dei vari test psicodinamici a disposizione in letteratura, ausilio utile, ma non necessario.
Già dalla presenza di alcune di queste caratteristiche si potrà trarre un quadro indiziario, ma significativo del possibile stato psicofisico del paziente, la qual cosa molto raramente escluderà di procedere alle terapie, ma potrà suggerire più attenzione su alcune cautele tecniche e procedurali elencate di seguito.
In linea di principio la strategia di base per minimizzare i rischi, qualsiasi rischio, consiste nell’ apportare le minori variazioni possibili rispetto alle condizioni di partenza. Quindi, innanzitutto fare il meno possibile, ossia protesizzare soltanto gli elementi che sono strettamente indispensabili. Mantenere, se possibile, la stessa dimensione verticale di partenza, tenendo tuttavia presente che eventuali alterazioni della DV, se necessari, sono meno rischiosi sulla via dell’incremento che della diminuzione, anche perchè, nel tempo e attraverso successivi interventi odontoiatrici, è molto più frequente una perdita di DV che un incremento). Per lo stesso motivo mantenere la relazione centrica, o meglio l’occlusione abituale pre-cura, qualora questa risulti ben tollerata. Qualora si renda necessario apportare delle modifiche, farle prima sui provvisori e lasciare gli stessi in funzione per una arco di tempo sufficiente alla verifica di eventuali disturbi (anche qualche mese in caso di riabilitazioni complesse). Mantenere il più possibile l’indipendenza dei singoli elementi protesizzati. Eseguire la riabilitazione per settori, poco per volta, dando la precedenza preferibilmente all’arcata inferiore che notoriamente è l’arcata guida. Qualora il provvisorio vada bene e il paziente sia soddisfatto sia nell’estetica, che nella funzione masticatoria e fonetica, che nella cenestesi, riprodurlo il più fedelmente possibile nel definitivo. In caso di elementi molto compromessi, dare la preferenza all’avulsione e alla sostituzione implantare, piuttosto che avventurarsi in conservative preprotesiche estreme. Cercare, per quanto possibile, di non enfatizzare troppo il ruolo dell’occlusione, del contatto fra i denti, con molaggi interminabili e richieste di indicazioni di eventuali prevalenze, ovviamente senza sacrificare la stabilità del tutto (che non dipende da ogni singolo contatto tripodale!).
Ma il SOP può comunque insorgere. Vediamo adesso come cercare di curarlo.
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