Placca di michigan
La placca di Michigan
Scopri quello che c’è da sapere sulla placca di Michigan o “bite”.
In questo articolo di approfondimento andremo a parlare delle diverse tipologie di bite:
Cos’è il bite
Il bite è un apparecchio rimovibile in resina dura che, ricoprendo totalmente o parzialmente le arcate dentali e le superfici occlusali dei denti, ne elimina tutti i contatti diretti.
Concettualmente tuttavia si può definire “bite” qualsiasi oggetto posto fra i denti che ne impedisca il contatto, come per esempio un semplice rullo di cotone.
In effetti, qualora un contatto dentale abnorme in quantità (parafunzioni) o in qualità (malocclusioni) o entrambi, induca una disfunzione o una patologia clinicamente rilevabile come muscolare, articolare o mista, è intuitivo che basta impedire detto contatto abnorme e sostituirlo con un alternativo, per dare immediato sollievo al paziente.
Bite in commercio
Esistono una moltitudine di ”bite” commerciali preconfezionati e facilmente adattabili a tutti i pazienti e, almeno inizialmente, più o meno tutti funzionano.
Si tratta in questi casi di bite cosiddetti intercettivi che impedendo il contatto dentale, quale che sia la loro foggia o consistenza, eliminano in modo rapido la noxa patogena.
Indubbiamente se noi frapponiamo in un’occlusione disfunzionale uno spessore, l’occlusione non c’è più e inoltre il repentino cambiamento dello schema occlusale abituale spezza gli engrammi muscolari consueti, disorientando il sistema neuromuscolare e interrompendo o alleviando temporaneamente le eventuali parafunzioni.
Da ciò deriva il repentino miglioramento dei dolori in tutti i pazienti cui sia applicato un bite.
Di questi bite commerciali intercettivi, si può con profitto avvalere anche il fisioterapista che si trovi per la prima volta al cospetto di un paziente di cui si sospetti una noxa patogena occlusale.
Come terapia d’urgenza e provvisoria, uno di detti bite può essere consigliato al paziente in attesa di diagnosi medica.
Tuttavia tramite il bite noi abbiamo la preziosa possibilità non solo di intercettare il disturbo, ma anche di impostare in maniera altrettanto rapida, relativamente economica e quel che più conta, inizialmente reversibile, future determinanti della terapia occlusale definitiva.
In altre parole, l’odontoiatra ha, tramite il bite, la possibilità di svitare via in un attimo l’occlusione e la funzione deviante, sostituendola immediatamente con una funzionale e stabile.
Alla luce di quest’ultima affermazione risulta chiaro che il bite non basta più sia “qualcosa” fra i denti, ma deve essere “ una cosa ben precisa fra i denti che dia innanzitutto stabilità alla mandibola sulla mascella e permetta di impostare, collaudare ed eventualmente modificare una nuova funzione occluso-masticatoria.
Si passa pertanto dal concetto di bite terapeutico che allora deve rispondere a ben precise esigenze.
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Bite terapeutici
Il bite terapeutico si divide in due tipi:
- Il bite di stabilizzazione
- Il bite di riposizionamento
Bite di stabilizzazione
E’ ormai universalmente accettato che il bite di stabilizzazione è piatto, totale, possibilmente applicato all’arcata superiore, o comunque all’arcata meno stabile.
Esso deve essere applicato ed equilibrato nella bocca del paziente dal dentista, perfettamente e con assoluta precisione, badando che riceva un contatto simultaneo tra i denti dell’arcata antagonista e che abbia delle guide durante i movimenti eccentrici, lateralmente a carico dei canini e anteriormente a carico degli incisivi e dei canini, oppure soltanto dagli incisivi, o anche solo dai canini, basta che le guide siano simmetriche rispetto alla linea mediana dei denti e che non provochino deviazioni disimmetriche durante i movimenti guidati in appoggio.
Non ci soffermiamo sui particolari tecnici di equilibratura del bite, né sulla sua gestione terapeutica, in quanto queste operazioni sono a carico assoluto del medico e non del fisioterapista, il quale deve soltanto conoscerne la definizione e il significato.
Il bite di stabilizzazione si usa nelle patologie croniche dell’ATM e nella cronicizzazione delle dislocazioni funzionali del disco articolare .
Si usa inoltre in tutta la patologia muscolare, posturale discendente, miofasciale, parafunzionale varia e nel bruxismo.
In tutte queste patologie, gli esercizi fisioterapici e le eventuali manovre di mobilizzazione, vanno eseguite con il bite in bocca.
Bite di riposizionamento
Il bite di riposizionamento, come dice la parola, serve a riposizionare la mandibola qualora la posizione imposta dall’occlusione sia gravemente disdicevole alla salute soggettiva o oggettiva del paziente.
Esso consiste in un bite in genere superiore con vallo tondeggiante sulla sua parte anteriore che, andando ad interferire sulla abituale linea muscolare di chiusura urtando sui denti anteriori inferiori, imponga alla mandibola una nuova posizione di chiusura, in genere, ma non necessariamente, leggermente avanzata rispetto all’abituale originaria disfunzionale .
Siccome questo bite è in genere antiestetico e fastidioso e in svariati eventi patologici va portato 24 ore su 24, anche ai pasti, il medico può, su richiesta del paziente, confezionare anche un secondo bite inferiore indentato con la resina in modo da imporre la stessa posizione del superiore col vallo, da portare non ovviamente insieme ma “ invece” del superiore durante la veglia e i pasti, confinando l’uso del superiore ai periodi di sonno.
Il bite di riposizionamento si usa quasi esclusivamente nella prima fase (tre, quattro mesi) della terapia dei click reciproci e, ma questa volta non sempre, ma ad intervalli, nella infiammazione del tessuto retrodiscale, quando occorra scaricare le aree lese endoarticolari da pressioni condilari.
In genere, durante i riposizionamenti, non si praticano fisioterapie aggiunte, in quanto si tratta di fasi transitorie con posture mandibolari ipercorrette.
Tuttavia, qualora il medico ne prescriva, esse vanno eseguite col bite in bocca.
Date queste linee guida generali sui bite, c’è da sottolineare che oggigiorno il ruolo del bite di riposizionamento è stato messo in discussione dalla comunità scientifica internazionale e spesso i disturbi possono migliorare con terapie che mantengano la posizione originale del condilo nella fossa glenoidea attraverso l’uso di bite di stabilizzazione e di terapie “biopsicosociali”
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Il bite mandibolare
Spesso si sente parlare di bite mandibolare.
Questa accezione è superficiale in quanto il bite può essere di fatto posto sulla arcata della mandibola, e quindi “mandibolare”, o sulla arcata della mascella, e quindi “mascellare”.
Di fatto in ambito medico si utilizza semplicemente il termine “bite” perché, a seconda delle esigenze cliniche, il medico sceglie se confezionarlo per la mascella o la mandibola.
Bite superiore o bite inferiore?
Quali sono le discriminanti che fanno scegliere di mettere un bite superiore o inferiore?
- Prima regola generale: il bite va messo nell’arcata con meno denti. Visto che il suo requisito principale è e deve essere la stabilità, l’arcata meno stabile è quella con più assenze di denti e perciò è li che il bite trova la sua migliore applicazione.
- Il bite va messo nell’arcata ove sono presenti selle libere, siano esse anteriori o posteriori.
- Se entrambe le arcate hanno un numero uguale di denti, normalmente il bite va messo superiormente. Questo perché la mascella, non essendo mobile, è di per sé più “stabile” e non è presente la lingua.
- Il bite normalmente va messo di notte e nei momenti di pausa (a casa, sul divano, mentre si guarda la TV, quando ci si riposa). Ci sono casi in cui è meglio metterlo tutto il giorno. In questi (rari) casi, si può confezionare un bite superiore per la notte e uno inferiore per il giorno.
- Nei rari casi in cui il bite andasse portato tutto il giorno e durante le attività sociali (mangiare, parlare, andare a lavoro, sorridere), il bite inferiore è più “comodo” e adatto a questo utilizzo.